Villa Widmann Borletti a Bagnoli di Sopra
La dimora patrizia che racconta la storia di un paese
Bagnoli, anticamente “Balneoli” era nel Medioevo un piccolo borgo, la cui vita ruotava alla chiesa di San Michele.
Qui, nell’Anno Mille, i monaci benedettini fondarono un convento, succursale del Monastero veneziano di San Michele della Trinità di Brondolo. Con l’avvento dei Benedettini tutta la zona visse di un certo benessere grazie alle produzioni agricole, specialmente all’efficienza produttiva della viticoltura.
Anche dopo i benedettini, lo sviluppo continuò con i Canonici Regolari di Santo Spirito, i quali avviarono nel territorio circostante una serie di bonifiche e accordi con i proprietari terrieri vicini.
Il conte Ludovico Widmann acquistò le terre e il monastero nel 1656, quando tutti questi beni nel territorio di Bagnoli venivano messi all’asta per finanziare la guerra di Candia contro i Turchi.
Villa Widmann, la dimora patrizia che vi fece costruire, sorse così della risistemazione dell’originario Convento di Santo Spirito.
In un primo momento si pensò che il progetto di Villa Widmann fosse da attribuire a Baldassarre Longhena, poi si ritenne più probabile l’ideazione da parte di Andrea Caminelli, Domenico Rossi o un maestro murario della famiglia dei Contino.
Il conte Ludovico iniziò la trasformazione dell’intero complesso nella seconda metà del Seicento, trasformando l’edificio monastico e la chiesa di San Michele, e costruendo quello che doveva diventare il fulcro economico e architettonico del paese.
Accanto a Villa Widmann venne fatto erigere un teatro, nel quale il proprietario ospitò tra gli altri, il commediografo veneziano Carlo Goldoni. Questi stimava molto il conte Widmann, a tal punto da dedicargli una commedia e un poemetto.
Fino al Settecento la villa rimase un vivace polo culturale e un dinamico centro per l’economia di bagnoli, ma con la morte di Ludovico, tutto questo si avviò verso un lento declino.
Ma la crisi vera e propria sopraggiunse dopo l’invasione e i saccheggi delle truppe napoleoniche, nel 1797: le loro scorribande, unite al disinteresse degli eredi portarono all’abbandono della dimora di Bagnoli.
Nel 1856, Giovanni Abbondio Widmann vendette la tenuta a Pietro d’Aremberg, ma dopo la breve illusione di un ritorno all’originario splendore, Villa Widmann e la sua tenuta subirono un nuovo tracollo nelle mani del figlio Augusto.
Durante la Prima Guerra Mondiale, Augusto vendette finalmente la villa ai Borletti, famiglia di industriali milanesi. Ai Borletti, attuali proprietari di villa Widmann, si deve una crescita economica importante, grazie ai progressi e le innovazioni agricole portati nell’azienda a partire dagli anni Venti e Trenta.
Il complesso architettonico di Villa Widmann Borletti
La facciata di Villa Widmann Borletti che dà sulla piazza ha una forma allungata e si presenta molto disomogenea per la presenza di edifici diversi di epoca differente, mentre armonica e proporzionata è quella a sud che si apre sul parco e sulla tenuta agricola.
Nel corpo dell’angolo destro si trova il piccolo teatro che ospitò Carlo Goldoni.
L’intero complesso è molto articolato perché oltre alla villa e al teatro comprende il Brolo, i granai, le scuderie, le cantine, la ghiacciaia e la torre colombaia.
Il giardino all’Italiana ospita le statue dello scultore Antonio Bonazza che rappresentano segni zodiacali, dei dell’Olimpo e personaggi della commedia dell’arte che sembrano dialogare tra loro in simpatici siparietti.
L’interno di Villa Widmann è affrescato da vari artisti come Pasto’, Pittoni e Angeli: tra gli affreschi, quello che risalta maggiormente si trova nel salone da ballo e rappresenta “Il ratto di Elena”.
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