Ruderi Monastero Santa Margherita
Sulla collinetta di Salarola, tra i monti Cero e Castello, giacciono i resti del monastero che accolse Beata Beatrice d’Este.
Il poggio di Salarola è un piccolo colle che si trova a Calaone, frazione di Baone, nella sella tra i monti Cero e Castello.
Sulla cima della collinetta sono oggi visibili i resti del monastero di Santa Margherita, fondato nel 1179 grazie alla donazione dei conti Albertino e Alberto Da Baone.
Come molti altri monasteri dei Colli Euganei, il complesso apparteneva al ramo benedettino degli Albi (così chiamati dalla tunica bianca indossata dai religiosi): di piccole o medie dimensioni, queste costruzioni comprendevano strutture funzionali alla preghiera e al lavoro ed includevano sempre un chiostro, la chiesa, dei magazzini, un refettorio, il dormitorio e talvolta laboratori e ospizi.
La storia del monastero di Santa Margherita è legata, come quella del monte Gemola, alla figura di Beatrice I d’Este, figlia di Azzo VI, quella Beatrice di cui i trovatori medievali cantarono le virtù e l’eterna bellezza.
In seguito alla sua decisione di abbandonare la vita di corte, dopo che la guerra tra guelfi e ghibellini aveva sconvolto il territorio e la sua famiglia, Beatrice trovò il suo primo rifugio a Salarola nel 1221, presso le monache benedettine del monastero di Santa Margherita.
Sul poggio di Salarola, la fanciulla restò un anno e mezzo, ma probabilmente oppressa dalla vista dei vicini castelli dei Marchesi d’Este, decise in seguito di allontanarsi in un luogo ancor più isolato, il Monte Gemola, dove avrebbe poi fondato una nuova comunità di monache.
In seguito, il monastero continuò a vivere in autonomia fino al Quattrocento, quando, venuto meno il supporto e la protezione degli Estensi, il Salarola iniziò a spopolarsi, motivo che indusse Papa Pio II ad unirlo al monastero padovano di San Mattia (1459).
Nel 1572 il Vescovo Niccolò Ormaneto ordinò alle monache rimaste di abbandonare definitivamente il monastero sul poggio di Salarola per trasferirsi a S. Mattia di Padova.
Alla fine del Cinquecento, il monastero venne venduto, con la chiesa e circa settanta campi, a un mercante veneziano.
Nei secoli seguenti il complesso fu trasformato in abitazioni coloniche di modesta entità.
Alla metà dell’Ottocento, un incendio fece crollare l’edificio principale, lasciando intatte solo alcune parti dei muri perimetrali e una piccola abitazione.
Due siti molto suggestivi sorgono poco più in basso dei ruderi del monastero: la Carèga del Diavolo e la Fontana delle Muneghe.
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