Abbazia di Carceri
L’abbazia di Santa Maria delle Carceri, cuore pulsante del territorio nel Medioevo
Nel Medioevo, in molte zone d’Italia e d’Europa, l’intervento dei monaci sulle terre paludose fu alla base della rinascita della civiltà.
Anche l’area a sud dei Colli Euganei venne bonificata in gran parte grazie a questi interventi, atti a rendere coltivabili le terre e permettere l’agricoltura, l’allevamento ed altre attività.
La costruzione del monastero di Santa Maria delle Carceri risale all’anno 1000. Qui, i Monaci Agostiniani avviarono sul territorio un’imponente opera di bonifica con ricadute positive sul territorio e sulla popolazione.
Nel Trecento però, il susseguirsi di eventi negativi, come l’invasione di cavallette, la peste e la guerra tra Scaligeri e Carraresi segnarono la fine della vita nel monastero, e l’incarico di presidiare il luogo venne così affidato ad un reggente esterno.
Nel 1408, su richiesta dell’abate Venier, Papa Gregorio XII vi fece instaurare l’ordine dei Camaldolesi, e un cospicuo numero di monaci provenienti dalla chiesa di S. Michele di Murano si trasferì a Carceri. Iniziò quindi il periodo di massimo splendore del monastero, che nel 1427 venne elevato al grado di Abbazia. Ai Monaci Camaldolesi si deve infatti la grande crescita delle attività lavorative e sociali che in quegli anni coinvolse tutto il territorio circostante l’Abbazia.
Venne costruita una cinta muraria, vennero edificati quattro chiostri ed una biblioteca, ripristinata la foresteria per l’accoglienza di poveri e pellegrini. Vennero fondate un’accademia e una Scuola di Formazione per i novizi.
Nel Seicento, però iniziò il periodo di declino: un enorme incendio e le necessità economiche della Repubblica di Venezia (impegnata contro i Turchi nella Guerra di Candia) portarono Papa Alessandro VIII a decretare la soppressione dell’Abbazia. Venne venduta all’asta, i monaci furono cacciati, i volumi contenuti nella biblioteca vennero trasferiti a Murano e altri beni furono trafugati o lasciati in stato abbandono.
L’ex abbazia venne acquistata dalla famiglia bergamasca dei Carminati, che ne fece un’azienda agricola con annessa la residenza estiva.
Nell’Ottocento, i Carminati si trasferirono definitivamente a Carceri, ma nonostante il tentativo di risollevarne le sorti, gli ultimi anni economicamente difficili li obbligarono alla vendita, poco per volta, di case e campagne. Così, il complesso, rimasto senza le proprie terre andò inesorabilmente incontro alla rovina.
Nel 1950 gli eredi dei Conti Carminati cedettero l’ex Abbazia alla Parrocchia di Carceri, che grazie alla tutela di fondazioni ed enti pubblici, ne promosse il restauro.
L’Abbazia oggi
Dove un tempo si collocava la parte più riservata del monastero, oggi ci sono le sale del museo: una esposizione ricchissima che mantiene viva la tradizione agricola novecentesca, con diversi materiali, attrezzi agricoli, utensili e oggetti appartenuti alle famiglie delle comunità limitrofe.
La foresteria è probabilmente l’edificio più bello di tutta la struttura. Costruita nel Duecento, venne innalzata di un piano due secoli più tardi, dopo l’avvento dei Camaldolesi. Tutta la copertura della foresteria è stata interamente ristrutturata.
Procedendo dalla loggia verso la Chiesa, a destra della facciata, troviamo il palazzo canonicale, la sede attuale della canonica parrocchiale. In origine residenza del padre superiore, diventò nel Quattrocento sede dell’abbazia. È qui che nel Seicento i nobili carminati costruirono la residenza estiva.
La chiesa
L’attuale chiesa nel 1686, restaurata sui resti delle due precedenti ad opera dei Camaldolesi, venne consacrata dal Vescovo di Padova San Gregorio Barbarigo nel 1686.
Sulla facciata della chiesa le statue poste in alto sopra al timpano rappresentano l’Annunciazione.
All’interno delle nicchie dell’ordine superiore si possono ammirare le statue dei santi Pietro e Paolo. Alle estremità, quelle di San Benedetto, fondatore dell’Ordine dei Benedettini, e San Romualdo fondatore dell’Ordine dei Camaldolesi.
All’interno, guardando in alto, ammiriamo il soffitto a vela e i tre ordini di finestre che illuminano l’unica navata. Dall’ingresso, troviamo sulla destra tre cappelle e gli altari di Sant’Isidoro, della Madonna e quello della Crocifissione, pala attribuita alla scuola di Guido Reni. A sinistra, ci sono invece gli altari di Santa Lucia con Sant’Antonio da Padova, l’altare di San Bellino Vescovo di Padova e l’altare di San Romualdo. Percorsa la navata si accede al Presbiterio, uno degli elementi più antichi, resistito agli incendi delle due prime chiese. Ai lati si trovano due lunette dipinte, mentre al di là del Presbiterio rimane il Coro della seconda chiesa, il quale ospitava pregevoli stalli, poi venduti nel periodo dei Conti Carminati, e visibili oggi nel Duomo di Chioggia e nel Palazzo Ducale di Venezia. Sopra la trabeazione del Coro è posta una Annunciazione, opera di pregio attribuita anch’essa alla scuola di Guido Reni.
I Chiostri
Del Chiostrino Romanico, costruito dai primi Padri Agostiniani, rimane oggi un solo lato. Tuttavia, non è difficile immaginare che dovesse essere al tempo uno dei più belli del Veneto, unico nel suo genere. Ventiquattro colonnine in marmo rosso di Verona che sostengono altrettanti capitelli e archetti, formano una struttura leggera e piacevole, ma robusta e solida abbastanza da sostenere la pesante parete in muratura. Al centro del chiostrino era posto un lavabo, al posto del quale ora vediamo una fontana dello stesso marmo rosso delle colonne.
Adiacente al chiostrino è il Chiostro Rinascimentale edificato verso la metà del Cinquecento dai Camaldolesi. E’ costruito in perfetto stile rinascimentale, con i grandi archi sostenuti da colonne toscane. Dalla solenne loggia, dotata di colone a volute coniche, è possibile ammirare l’armonia di tutto l’insieme architettonico. In origine, il chiostro rinascimentale ospitava le aule di studio, di riposo e di sorveglianza. In mezzo al chiostro si trova il pozzo monumentale con lo stemma dei Camaldolesi: due colombe che si dissetano dallo stesso calice.
La Sala Degli Affreschi
L’antica biblioteca si trova sopra alla sala anticamente adibita a refettorio.
Conosciuta oggi come “Sala degli Affreschi”, il luogo che in antichità custodiva codici e manoscritti preziosi, è ora uno degli elementi di maggior pregio del complesso dell’Abbazia di Carceri.
Le architetture dipinte e gli affreschi bellissimi che si possono ammirare su tutte le pareti, conferiscono alla sala eleganza e solennità.
Le figure, racchiuse tra colonne rettangolari, poggiano con i piedi su basi collocate sopra a capitelli, dando anch’esse l’illusione di essere elementi architettonici, statue, anziché pitture. Notevole la raffigurazione dei protagonisti dell’Annunciazione, in cui abbiamo l’impressione che l’Angelo Nunziante stia rassicurando Maria dopo averle comunicato il lieto evento.
La Sala degli Affreschi è poi arricchita da altre scene dell’Antico e del Nuovo Testamento, in parte legate alla vita del complesso abbaziale.
Attualmente la Sala, molto apprezzata dai visitatori, è anche riservata ad eventi, presentazioni, seminari e mostre.
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