Colli Euganei

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Mastio Sommitale

Mastio Sommitale

Mastio Sommitale

Mastio Sommitale del Castello Carrarese di Este

Il mastio oggi visibile, quello carrarese costruito nel 1339-1340, è a pianta quadrata, misura 5,75 metri di lato ed è alto circa 21 metri. L’accesso non era al suolo, ma dal primo piano, sul lato nord, dove rimane un mensolone in pietra: si saliva utilizzando una scala a pioli. Da notare, sulla cortina muraria retrostante – che appare qui più bassa che altrove per l’accumulo di terra e macerie – le buche pontiere, con all’interno il legno fossile del ‘300, traccia dei pali che sorreggevano gli impalcati durante i lavori di costruzione. L’area ha subito un accurato restauro nel 1994-’96. Il mastio sorge sulle fondamenta di una torre pentagonale che sono state messe in luce proprio con gli scavi dei primi anni ‘90: si tratta della base del mastio tardo-estense, costruito dal marchese Azzo VII d’Este intorno al 1220. «È possibile che la sua costruzione sia da riferire al decreto di Federico II del 1220 che imponeva ai padovani la ricostruzione del castello distrutto (nel 1213)» (Andrea Moneti, cit.)». Non è escluso un intervento di architetti legati al sovrano svevo, dato che analoghe forme pentagonali si ritrovano nei castelli federiciani di Prato e Brindisi, nonché nelle torri delle mura di Lucera. 
Questo torrione pentagonale, edificato sulla spianata di macerie dovuta al precedente attacco ghibellino, ha muri larghi 2,55 metri e la sua altezza doveva essere ben superiore a quella del mastio attuale (qualcuno, come l’architetto Draghi che ha diretto i lavori di restauro conservativo dell’area negli anni ’90, azzarda un’elevazione di 30 metri). Dovrebbe trattarsi della sola torre risparmiata nel successivo e devastante assedio da parte di Ezzelino III da Romano nel 1249 (Ezzelino dominò Este e il suo territorio fino al 1256). A questo proposito ricordiamo che i recenti scavi hanno portato alla luce nello spazio attorno al mastio diverse sfere di trachite (con diametro di 60 cm), proiettili lanciati dai mangani e dalle catapulte per cui era famoso l’esercito ezzeliniano: ora sono conservati nei depositi del Museo Archeologico Atestino. Sono visibili delle fratture che interrompono i lati del pentagono, dovute all’opera di sottominamento o scalzo realizzata dai “genieri” di Cangrande della Scala, signore di Verona, durante l’ultimo assedio subito da ciò che restava del castello marchionale, nel 1317: fu allora che la fortificazione fu totalmente demolita. Vent’anni dopo, finito il dominio scaligero, Ubertino da Carrara fece edificare il nuovo mastio, circondato da una cortina di mura estesa alla parte est e sud, quella pianeggiante oggi identificata come ex foro boario e giardini pubblici (sul lato sud delle mura vi era la Torre detta poi “del tormento” e il ponte levatoio sul fiume Sirone).
Davanti al mastio pentagonale si trovava il “doglione” (dongione), una costruzione a pianta rettangolare, noto dal 1136: doveva essere la residenza dei marchesi, oggi possiamo solo immaginarla nel prato antistante il mastio, che è stato modificato con i terrazzamenti del 1915 all’epoca dell’apertura del giardino pubblico. Scrive Francesco Tognana, ricercatore di Storia Medievale (Univ. di Padova): «inglobava il palazzo […] e si distingueva per elementi strutturali (…tra cui una camera picta domini Azonis marchionis cioè affrescata, documentata nel 1235 […] ) che rivelano tutta la complessità e la raffinatezza architettonica del manufatto […] Numerosi atti dei marchesi d’Este furono rogati proprio “nel dongione”, residenza dei marchesi e nucleo propulsore del loro potere signorile». Doveva esserci anche una cucina: già l’archeologo Alfonso Alfonsi, incaricato degli scavi del 1913-’14 che precedettero la creazione del giardino pubblico e che dovevano verificare l’esatta ubicazione del castello estense, trovò tracce di un «edificio leggero di servizio con fondazioni in scaglie di trachite a secco, pavimento in argilla e focolare in argilla concotta» sostituito poi da «una piattaforma quadra, in argilla e laterizi, interpretabile come base di un camino a sbalzo». Frammenti di ceramica e pietra ollare, di epoca carrarese, sono oggi conservati nell’ultima sala del Museo, quella dedicata all’epoca medievale e rinascimentale. Per quanto riguarda il primo castello estense, quello menzionato in un documento del 1115, si può in base ai dati archeologici ipotizzare l’esistenza di un unico torrione centrale con lati che misuravano 9 x 11 metri, muri molto spessi (fino a 3 metri), muratura rozza che riutilizza pezzi architettonici ed epigrafi romane (quella del reduce di Azio oggi conservata nel Museo fu rinvenuta qui dall’Alfonsi), circondato da mura e torri minori.

La chiesa di Santa Maria in Castello

Per parlare di questa piccola chiesa, di cui rimane visibile l’abside e una parte dei due lati maggiori, e della torre che la affianca proteggendola a nord, dobbiamo tornare indietro nel tempo, addirittura al VI secolo, il periodo della guerra tra i Goti e i Bizantini. In quel periodo, tramontato l’impero romano, la propaggine del Monte Murale su cui sarebbe sorto il castello estense, manteneva un’importanza strategica per la vicinanza del ramo sinistro del fiume Adige che scorreva nella pianura sottostante, in direzione della Piazza Maggiore di Este (avrebbe deviato il suo corso verso sud solo nel 589, con la Rotta della Cucca) e per la presenza della «strada pedecollinare romana Este-Baone, possibile tratto della via Emilia Altinate secondo un tracciato per Arquà-Battaglia-Padova, citata ancora nell’Itinerarium Antonini del III secolo […], strada certamente rimasta in uso fino almeno al VII sec. , nonostante l’avvenuta cessazione dell’esistenza di un nucleo urbano in Este» (Andrea Moneti, cit.). La strada doveva attraversare l’Adige con un ponte, più o meno in corrispondenza dell’attuale ingresso principale dei giardini, proprio di fronte al mastio medievale. Il primo insediamento sul colle sarebbe dunque costituito da questa piccola chiesa, poi ricostruita dagli Estensi e distrutta nel primo assedio del 1213, e dalla sua torre difensiva, circondate da mura. L’intitolazione alla Vergine è tipica delle fortificazioni giustinianee, ma una epistola di Teodorico datata al 507-511, potrebbe far pensare a una prima fondazione da parte dei Goti. I resti della chiesetta risultano costruiti con una sopraelevazione di 2,5 metri su quella originale. L’abside ha un raggio di 152 cm e le murature sono completamente realizzate con mattoni di riutilizzo di epoca romana. All’interno l’Alfonsi ha lasciato il basamento di un altare. A partire da questo piccolo nucleo si sviluppò poi la fortificazione degli Este, investiti del titolo di marchesi nel 1056, e forse già allora residenti in questo luogo. Al di sopra dell’area della chiesa, non più riedificata, i Carraresi costruirono una torre d’accesso e un ridotto che sono ancora oggi visibili e accessibili (nonostante l’usura del tempo e delle intemperie).

RICAPITOLANDO:

  • VI-VII secolo: chiesetta S.Maria e torre tardo-antica
  • X-XI secolo: primo castello estense e ricostruzione della chiesa
  • XIII secolo: dopo il primo assedio di Vicentini e Padovani ricostruiti doglione e mastio (con pianta pentagonale)
  • XIV secolo:  periodo carrarese
  • 1405-1510 circa: utilizzo militare del castello da parte dei veneziani
  • 1570: proprietà dei Mocenigo (che in quell’anno ottengono il dogado con Alvise): demolizione cortina meridionale e costruzione del palazzo.

Il fiume Sirone – a sud e a est fino al Soccorso - è già stato svuotato con la deviazione del Bisatto intorno alla nuova città di Este nel XV secolo. L’alveo divenuto fognatura sarà ricoperto nel XVII secolo: oggi è Via G. Negri.

Testi a cura di Pietro Antoniazzi - Associazione Alicorno

(dal libro di Carmelo Gallana, Il castello e le rocche estensi, Este, 1975, e dal saggio Le Rocche di Este e la chiesa di S.Maria in castello. Le ricerche archeologiche negli anni 1994-1996, di Andrea Moneti, pubblicato nella rivista Terra d’Este, n.10, 1995)