Scavi Paleoveneti di via Santo Stefano
Straordinaria necropoli della civiltà dei Veneti antichi
L'area archeologica della Casa di Ricovero di Este è situata in via Santo Stefano, in uno dei quartieri più antichi della città che si estende sull'unghia collinare a nord-ovest dell'attuale centro storico. Il sito è collocato in un terreno di proprietà del Comune di Este ed è adiacente alla vecchia struttura di ricovero per gli anziani, per questo motivo ha preso l'appellativo di “necropoli del Ricovero”. Si tratta del più importante sito archeologico relativo alla civiltà dei Veneti Antichi, che proprio in Este costituirono il loro primo insediamento stabile divenuto in epoca preromana la principale città di questo popolo.
La fondazione della necropoli risale all'età del Bronzo (VIII-VII secolo a.C.) e la sua destinazione funeraria è stata attiva per molti secoli. Gli scavi hanno portato alla luce oltre 150 tombe, che testimoniano come quest'area cimiteriale sia stata in uso dall'VIII al II sec. a.C. senza interruzioni.
Le sepolture presentano delle sovrapposizioni che hanno impegnato lungamente gli archeologi nella ricostruzione della cronologia delle sepolture.
I primi scavi effettuati nei pressi di quest'area archeologica furono condotti da Alfonso Alfonsi verso la fine del XIX secolo; nel cosiddetto “fondo Benvenuti” dove vennero portate alla luce circa 120 tombe romane e preromane, le quali andarono a costituire il nucleo principale del Museo Nazionale Atestino. L'indagine archeologica proseguì nel cortile della Casa di ricovero di Este e apparve subito evidente l'importanza dei nuovi ritrovamenti. A partire dal 1983 la necessità di effettuare alcuni interventi edilizi fornì l'occasione per approfondire gli studi in questa area archeologica. Grazie all'utilizzo di nuove metodologie e all'accurato riordino e assemblaggio dei dati e dei materiali, è stato possibile verificare molte ipotesi e interpretazioni avanzate alla fine dell'Ottocento da illustri archeologi quali Gherardo Ghirardini e Alessandro Prosdocimi.
Il risultato di tale lavoro è stata la ricostruzione della necropoli con le sue articolazioni e stratificazioni, corrispondenti alle diverse fasi storiche.
Durante la fase più antica (VIII - metà VII a.C.) le strutture funerarie erano caratterizzate da piccoli tumuli di terreno delimitati da circoli in massi di trachite. Ciascun tumulo presenta una o due tombe: i resti cremati dei defunti venivano collocati all'interno di contenitori deperibili o cassette di scaglia rossa dei Colli Euganei e spesso le sepolture ospitavano più individui, costituendo delle vere tombe “di famiglia”.
Durante la fase successiva (metà VII - metà VI sec. a.C.) la necropoli risulta ampliata, con strutture delimitate da grandi lastre di pietra. La caratteristica principale dei tumuli in questa fase è quella di presentare il punto di accesso rivolto verso il centro abitato; le posizioni delle sepolture hanno inoltre permesso di comprendere il rapporto gerarchico tra i diversi nuclei famigliari.
Alla metà del VI secolo a.C. avviene un cambiamento radicale nell'organizzazione dell'area cimiteriale: nel settore settentrionale viene posto un grande tumulo recintato con lastre di scaglia e cippi trachitici, che rivela un senso di monumentalità e una complessità del tutto nuova. Tale cambiamento riflette l'innovazione che nel frattempo era avvenuta nell'organizzazione sociale e nell'edilizia abitativa, caratterizzata in questa fase da strutture gentilizie di impronta ormai urbana.
Alla metà del V secolo a.C. le tombe vennero concentrate nel settore sud-occidentale in nuclei contraddistinti da un medesimo orientamento.
Le fasi successive della necropoli sono state più difficilmente ricostruibili in quanto gli strati superiori dello scavo hanno subito interferenze e manomissioni provocate da sepolture di epoca romana e da eventi più recenti che si sono susseguiti nell'area.
All'ultima fase della civiltà dei Veneti antichi appartiene la sepoltura più famosa della necropoli del Ricovero: si tratta della tomba di Nerka Trostinia, databile agli inizi del III secolo a.C.. All'interno del sarcofago monumentale della principessa Nerka è stato rinvenuto un corredo di straordinaria ricchezza, che è stato prontamente restaurato ed è attualmente esposto nella VI sala del Museo Nazionale Atestino.
Nel corso degli ultimi anni si è deciso di fermare l'indagine archeologica del sito sui livelli relativi al VII secolo a.C. per non compromettere la lettura del “paesaggio” archeologico e con la prospettiva di consentire eventuali future nuove indagini stratigrafiche. L'area è stata recentemente dotata di una copertura e attrezzata con strutture idonee a renderla visitabile dal pubblico.